Legge Zan contro l’omotransfobia approvata alla Camera
di SARA OCCHIPINTI, pubblicato da Altalex https://www.altalex.com/documents/news/2020/11/23/omotransfobia-legge-zan
È stata da poco approvata alla Camera la legge Zan, legge sull’ omotransfobia, adesso all’esame del Senato. L’ intenzione annunciata dai promotori della legge era quella di equiparare la discriminazione verso gli omosessuali alle discriminazioni razziali, etniche e religiose già punite dai delitti contro l’uguaglianza (sezione 1 bis, capo III, titolo XII, codice penale).
Il corpo normativo approvato alla Camera tuttavia, va ben oltre gli iniziali intenti di repressione della violenza omofobica, mettendo in campo potenti strumenti di sensibilizzazione sociale e prevenzione. Allo stesso tempo la formulazione del testo di legge getta non poche ombre sul rispetto del principio di legalità e tassatività. E’ rimesso all’interprete il compito di distinguere caso per caso i pregiudizi non punibili, frutto della libertà di espressione del pensiero (art. 21 Cost.), dalla manifestazione di un pensiero che costituisce discriminazione omofobica.
Agli esordi del progetto legislativo, c’è un’ indagine condotta in Italia da Amnesty International con l’istituto Doxa. Il 55,9% degli italiani intervistati è d’accordo con l’affermazione: « se gli omosessuali fossero più discreti sarebbero meglio accettati », mentre il 29,7% crede che «la cosa migliore per un omosessuale è non dire agli altri di esserlo ». Il legislatore, prendendo atto di un retaggio culturale del Paese non ancora allineato con la piena accettazione delle diversità in ambito sessuale, ha ritenuto insufficiente la sola repressione delle condotte discriminatorie, ed ha elaborato un programma di educazione e trasformazione culturale.
In questa direzione si può leggere ad esempio l’introduzione della giornata nazionale per le vittime dell’omotransfobia, o anche il ruolo affidato all’UNAR (ufficio nazionale per il contrasto delle discriminazioni istituito presso la Presidenza del Consiglio-Dipartimento per le Pari Opportunità), di elaborare ogni tre anni un piano strategico nazionale di contrasto all’omotransfobia, con misure che incidano sul mondo dell’educazione, dell’istruzione, del lavoro, e della comunicazione dei media.
Le comunità LGBT hanno segnalato da tempo la difficoltà negli adolescenti di denunciare i fatti di contrasto alla propria condizione, nati in seno alle famiglie di origine, così come la preoccupazione di tanti a denunciare i fatti avvenuti sul luogo di lavoro per timore di rimanere privi di occupazione. Per favorire quindi l’efficacia delle norme repressive, chiedevano l’istituzione di centri di accoglienza per le vittime. Il nuovo testo di legge, accogliendo queste istanze, ha previsto lo stanziamento di 4 milioni di Euro annui a partire dal 2020, per creare centri di tutela delle vittime di omotransfobia che assicureranno assistenza legale, sanitaria, psicologica, di mediazione sociale e ove necessario alloggio e vitto a coloro che denunciano di aver subito una discriminazione omofobica.
Oltre al piano programmatico di educazione sociale, prevenzione, e tutela delle vittime, il testo di legge ha suscitato molte perplessità sulla tecnica di formulazione dei nuovi delitti.
Sono state riscontrate lacune sul piano della tassatività delle fattispecie penali perchè il disegno di legge non offre una definizione di sesso, orientamento sessuale, genere o identità di genere.
Ma soprattuto, introducendo reati di istigazione e di propaganda, era necessario che il legislatore definisse una chiara linea di demarcazione tra il pregiudizio non punibile e la discriminazione punibile. Tanto più che, come l’indagine di Amnesty International ha rilevato, il retaggio culturale italiano, presenta ancora un radicato attaccamento alla eterosessualità come valore.
Anche la Commissione Affari Costituzionali ha segnalato il pericolo che la poca chiarezza della formulazione finisse per istituire un reato di opinione; ma il relatore Zan ha rassicurato, ritenendo affidato al principio di offensività il ruolo di spartiacque tra le condotte di rilievo penale di propaganda ed istigazione e la manifestazione di pregiudizi non punibili.
E tuttavia, come è noto nelle aule di Tribunale, quando mancano stretti paletti legislativi, il criterio ermeneutico dell’offensività, finisce per lasciare in mano alla discrezionalità del singolo giudice, la scelta di stabilire caso per caso, cosa è propaganda punibile e cosa è libera manifestazione di un pensiero, forse anche retrogrado, ma comunque lecito.